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Baia Di Kismet
Dawn Brower


Raccolta di racconti brevi ambientati nella città di Kismet Bay. Benvenuti nella città di Kismet Bay, dove la magia e il fato sono uno stile di vita! Seguite la famiglia Strana nelle loro avventure amorose e nei loro eventuali lieto fine. C'era una volta Natale, La Rivelazione del Nuovo Anno, Tutti le storie di San Valentino, La Fortuna al primo sguardo, Solo per riconoscenza, Natale per sempre, e molti altri…





Dawn Brower

Baia di Kismet: Raccolta di racconti brevi




BAIA DI KISMET


Raccolta di racconti brevi





DAWN BROWER


TRADUZIONE DI PATRIZIA BARRERA



Questo è un romanzo di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o vengono usati in maniera fittizia. Qualsiasi riferimento a persone realmente esistite, o a aziende, affari commerciali, fatti o luoghi specifici sono puramente casuali.

Kismet Bay Copyright В© 2020 Dawn Brower


Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in alcun modo, sia in formato digitale che cartaceo, inclusi i sistemi di raccolta informazione e trattamento dati, senza l’espressa autorizzazione dell’autore o dell’editore, fatto salvo l’utilizzo di alcuni stralci dei contenuti a scopo divulgazione e recensione.

Pubblicato da Tektime




C’ERA UNA VOLTA IL NATALE

PRIMA NOVELLA







DAWN BROWER




CAPITOLO PRIMO




Dicembre a Kismet Bay


La neve fioccava leggera prima di cadere a terra. Ma si scioglieva presto, lasciando solo pozze di fango e acqua sulla strada. Agrifoglio Strana la fissò disgustata dalla finestra. Il Natale era il suo periodo dell’anno preferito, e il Cocoa Crawl l’unico evento che le piacesse davvero. Vi partecipavano tutte le aziende più importanti di Main Street.

Agrifoglio era la proprietaria di Serendipity Lane insieme a sua sorella Edera. Aveva anche un fratello gemello, Salvia, ma quello se n’era andato presto da Kismet Bay. Ogni cosa nel negozio era ben organizzata e tenuta con cura; lì lei e sua sorella davano lezioni di pittura e di scultura alla gente del posto. Ma da poco avevano anche organizzato un corso di giardinaggio; forse era un po’ bizzarro, in quel periodo freddo dell’anno, ma le due donne erano convinte che le persone avessero bisogno di avere un rapporto con la natura, nella vita. Le piante erano belle e coltivarle infondeva serenità. Era proprio quello lo scopo di Serendipity Lane: aiutare le persone a mantenere corpo, mente e anima in armonia.

Il Cocoa Crawl era l’evento che permetteva ai negozianti di mostrare ai residenti le loro ultime novità e attirava molti turisti. In genere era il giorno dell’anno in cui si registravano più vendite…se le condizioni atmosferiche lo permettevano.

Tra poco meno di un’ora si sarebbe svolta la Parata di Babbo Natale e poi, a conclusione, il Cocoa Crawl. Agrifoglio aveva preparato una ricetta davvero speciale, per la sua cioccolata; quell’anno la competizione era molto accanita. Tutti i clienti che avrebbero partecipato all’assaggio avrebbero dato un voto, e la cioccolata ritenuta migliore sarebbe stata eletta “Cioccolata di Babbo Natale” per quell’anno. Se avesse vinto, Agrifoglio aveva intenzione di espandere la sua attività di Serendipity lane.

“Oh, e finiscila di guardare fuori come se potessi far smettere di nevicare!” esclamò Edera. Si trovava dietro al bancone e allestiva i dolcetti artigianali nella vetrinetta. Era dall’inizio settimana che li stava preparando, e ora erano abbastanza da poterli vendere. Da come li aveva sistemati, sembravano un’enorme torta di velluto rosso guarnita di crema al formaggio. Proprio in cima, Edera aveva aggiunto dei pasticcini minuscoli rossi, che sembravano le cosiddette ciliegine sulla torta! Tutta la costruzione era così appetitosa e articolata, che le sorelle dovevano stare attente a controllare i marmocchi che entravano nel negozio. Una volta, quando distrattamente aveva lasciato aperta la vetrinetta, un bambino era riuscito a infilarle un dolcino in bocca. Comunque, non avevano il sapore gradevole che Edera si aspettava…

Agrifoglio lanciò un’occhiataccia alla sorella, ma Edera era troppo impegnata per notarla. Agrifoglio sospirò. “Dev’essere tutto perfetto!” esclamò nervosamente. Poi, si rimise a guardare fuori dalla finestra. La Parata di Babbo Natale probabilmente era sul finire e di lì a poco sarebbe iniziato il Cocoa Crawl. Aguzzò lo sguardo verso il fondo della strada, fin dove potevano arrivare i suoi occhi. Sì, ecco la folla che si dirigeva verso i vari negozi. Una coppia si era fermata davanti all’azienda vinicola Flavours e stava ammirando la vetrina, di proprietà di altre cugine di Agrifoglio, le sorelle Lelia e Caprecia Strana. Quell’anno avevano messo in mostra sia vini importati che quelli prodotti dalla loro azienda.

Agrifoglio si rivolse di nuovo a Edera. “Pensi che verrà molta gente?”

Agrifoglio aveva ormai terminato la decorazione della sua torta di cupcake e si degnò di risponderle: “Non temere, come ogni anno e anche più. E smettila di preoccuparti!”

“Non posso – rispose Agrifoglio, sempre più nervosa – Lo sai che sono fatta così.”

La confusione fuori dal negozio attirò la sua attenzione: desiderava con tutto il suo cuore che le cose funzionassero a meraviglia! Stava cercando di dimostrare a Edera che non era una sprovveduta e che la sorella aveva fatto bene a chiamarla nella gestione di Serendipity Lane! Aveva addirittura rinunciato al college, per aiutare Edera ad aprire quell’attività. Era un’eredità comune della loro nonna, e quindi era stata la cosa giusta da fare.

Invece la sua gemella, Salvia, aveva lasciato da tempo Kismet Bay per aprire un’attività di progettazione di eventi e, fino a quel momento, la fortuna era stata dalla sua parte. Aveva già organizzato parecchi matrimoni di altissimo livello e una bella festa del cinquantesimo, sempre di lusso. Se gli affari avessero continuato a girare così bene, a breve avrebbe potuto espandere l’attività e assumere altro personale!

“Vado alla birreria Witch per un caffè – disse Agrifoglio, staccando il cappotto dal gancio – Vuoi che ti porti qualcosa?”

“Aspetta!” rispose Edera. Fece il giro del bancone e vi estrasse un pacchetto da sotto.

“Porta questo a Esmeralda. E’ il suo regalo per Tristan.”

Esmeralda e Tristan erano i proprietari del Witch’s Brew cafè. Anche Esmeralda era una lontana cugina: Kismet Bay era ormai invasa dalla famiglia Strana! Il loro bisnonno, Thomas Strana, era stato fondatore e primo Sindaco di Kismet Bay. Da allora, tutti i membri della schiatta avevano occupato posizioni di rilievo nella città. Il padre di Esmeralda era stato eletto da poco Sindaco mentre il suo gemello, Bowen, era Capo della Polizia locale. Poi c’era l’altro zio, Sebastian, il maggiore dei tre fratelli, che era Procuratore Distrettuale.

“Cos’è?” chiese Agrifoglio scrutando ben bene il pacco. Le dava sempre fastidio non essere al corrente dei fatti.

Edera alzò gli occhi al cielo. “Aspetta che Esmeralda lo apra e lo saprai. Ma che ti frega? Mica è per te!”

Agrifoglio s’infilò stizzita il pacchetto sotto il braccio. “Così, tanto per sapere. Allora, lo vuoi un caffè?”

“No, grazie – rispose Edera scuotendo il capo – Ma se non ti spiace, fermati al Blooms of Destiny, per favore, prima di tornare. Amadea e Ofelia hanno le stelle di Natale che ho ordinato. Ho deciso di metterle in vetrina.”

Agrifoglio arricciò il naso. Non capiva proprio la mania della sorella per i fiori. Tutta la loro famiglia era molto pratica di piante ed erbe, e ormai ne aveva una pancia così. Anche se sapeva che le piante potevano essere utili, a volte.

La gente del paese era convinta che i membri della famiglia Strana avessero un che di magico, ma Agrifoglio non ne era affatto convinta. Soprattutto in amore. Tutto il parentado era convinto di essere nato sotto una buona stella e che la fortuna fosse sempre lì, dietro l’angolo, e che bastava solo aspettare .

Fandonie! L’amore per lei non aveva mai girato l’angolo! Ormai Agrifoglio era fermamente convinta che si trattasse solo di bubbole!

“Io vado. Tornerò prima di quanto credi.” esclamò, aprendo la porta del negozio.

“Ne dubito.” ridacchiò Edera.

Agrifoglio si girò e le fece linguaccia, poi uscì in strada. Dopotutto, Edera aveva ragione. Se la sarebbe presa comoda, come al solito.




CAPITOLO SECONDO


Kismet Bay era la piccola città per antonomasia, simile a un piccolo villaggio. Così zuccherosa, che quasi ti facevano male i denti a nominarla. Nicholas Bell preferiva di gran lunga l’aria di metropoli, e l’atteggiamento scostante e asettico dei veri cittadini. Gli abitanti di Kismet Bay, invece, si conoscevano tutti e probabilmente erano anche imparentati tra loro.

“Perché cavolo siamo qui? – chiese Nicholas, stizzito, al suo amico Gabriel Reed – E’ una vera noia!”

“Tranquillo – lo rassicurò, ridendo, Gabriel – ci tratterremo solo un paio di giorni, il tempo necessario per convincere i miei genitori che sto bene e che non morirò presto!” Diede una pacca sulla spalla a Nicholas. “Ti prometto che ti troverai con la pancia al sole su una bella spiaggia bianca molto prima che ti venga l’allergia a questo posto!”

Nicholas si trattenne dal ringhiare contro l’amico. Gabriel non era solo come un fratello per lui, ma era stato anche il migliore battitore degli Houston Runaways. Poi si era infortunato gravemente ad una partita di playoff e da allora era rimasto in panchina. La prognosi non era delle migliori e anche il suo fisioterapista non gli aveva dato molte speranze.

Probabilmente Gabriel avrebbe dovuto appendere la sua mazza al chiodo, ma lui non era tipo da arrendersi tanto facilmente. Aveva convinto Nicholas ad accompagnarlo dai suoi genitori e poi da uno specialista alle Bahamas. Che razza di medico poteva essere, uno che aveva studio lì? Nicholas dubitava che quello fosse più competente del valente primario di Medicina dello Sport della squadra, ma comunque aveva accontentato l’amico e gli sarebbe rimasto al fianco in quel lungo calvario…

“Ma… è un bar, questo? – esclamò Nicholas, fermandosi di botto davanti alla vetrina del negozio. Poi guardò la scritta in alto. “Witch’s Brew. La pozione della strega. Ma che razza di locale è ?”

Gabriel si strinse nelle spalle. “Non saprei. E’ parecchio che manco da Kismet Bay. Entriamo e diamo un’occhiata.”

Non fecero in tempo ad aprire la porta del negozio, che questa si spalancò e una bella bruna gli piombò addosso, facendo rovesciare il caffè bollente che aveva in mano sulla bella camicia blu di Nicholas. A quel contatto da ustione, l’uomo gridò per il dolore.

“Ma che cavolo fai?” gridò, in preda alla rabbia. Cominciava già a non sopportare quella stupida cittadina, e i suoi abitanti non sembravano meno stupidi di lei!

“Oh…sono mortificata!” esclamò la ragazza, mettendogli una mano sul petto per pulirlo. Non appena le sue dita gli sfiorarono la pelle, Nicholas si sentì invaso da strani brividi e alzò lo sguardo sugli occhi di lei. Erano azzurri come il mare a mezzogiorno. Aveva capelli bellissimi e di uno strano colore, come una tazza di cioccolato su cui si spandevano rossi raggi di sole. Era… stupenda! Ma la scostò subito: quella strana sensazione che lei gli aveva suscitato gli faceva quasi paura!

“Non fa niente, capita.” mormorò.

“Agrifoglio?” – esclamò Gabriel, strabuzzando gli occhi – Sei proprio tu?”

Nicholas si girò a guardare l’amico e…gli vide disegnato sulla faccia il sorriso più smagliante che avesse mai sfoggiato in vita sua. Era come se fosse stato colpito al cuore da una freccia d’amore! Anche lui si sentiva bruciare in petto, e non era solo per quell’incidente col caffè. Ma cosa diamine c’era in quella ragazza da scatenare simili emozioni? Comunque sia, non aveva alcuna intenzione di farsi travolgere da strane magie!

Agrifoglio si fiondò tra le braccia di Gabriel, e, per un attimo, quasi sfiorò nuovamente Nicholas. Nel farlo perse l’equilibrio per un attimo e subito Nicholas la sostenne. Agrifoglio lo guardò, doppiamente mortificata. “Mi spiace. Ti assicuro che di solito non sono così maldestra.”

“Ok, ok.” rispose Nicholas, bruscamente.

Agrifoglio riportò la sua attenzione su Gabriel. “Mi hanno detto del tuo incidente. Sai, il tuo è uno di quegli sport chela gente ama guardare alla tv. Non mi perderei mai una partita degli Runaways! – esclamò, quasi eccitata. Poi, come folgorata dalle sue stesse parole, abbassò lo sguardo e si mise a tirare qualche filo, vero o presunto, dalla manica della sua giacca. A Nicholas parve sempre più strana. “Intendevo dire…tutta la famiglia, non solo io…” Era come se cercasse di correggere un errore, e a Nicholas parve tutto molto chiaro. Ma Gabriel non sembrava aver notato quel mutamento di espressione. Anzi, chiese:

“E la cara Edera, come sta?”

Un’altra? – si chiese Nicholas– E ora, chi è questa Edera?

Agrifoglio si sforzò di guadare dappertutto, tranne che Gabriel. “Ah, lei sta bene, benissimo. Non ti preoccupare.” rispose. Sempre senza guardarlo s’infilò la mano in tasca e ne tirò fuori il cellulare. “Se volete scusarmi, ora ho tante cose da fare. Comunque, visto che siete in città, perché non partecipate al Cacao Crawl? Vedrete che sarà divertente!”

Ciò detto, gli fece un cenno di saluto e sgusciò via, in direzione di quello che sembrava essere un negozio di fiori, dal nome altrettanto singolare: Bloom’s Destiny. Le Vie del Destino. Ma che razza di nomi avevano le attività commerciali, in quella stupida cittadina?

“Cocoa Crawl? – chiese Nicholas a Gabriel, aggrottando la fronte – Che cavolo è?”

“Se ti secca non ci andiamo. E’ una specie di gara tra i vari negozi di cioccolato e dolciumi. In pratica, acquisti una tazza di Babbo Natale e poi puoi fare un assaggio di tutte le cioccolate dei vari negozi, e dai un voto. Il ricavato viene devoluto in beneficenza tra le famiglie bisognose della città. E’ la famiglia Strana a organizzare l’evento, praticamente da quando è stata fondata Kismet Bay. E’ quasi una tradizione locale, ormai.” rispose Gabriel, facendo spallucce.

“Famiglia…Strana? – esclamò Nicholas. Ecco un altro nome di quelli che ti sembrano scappar via dalla testa – Si chiamano davvero così o è un appellativo?”

“No, no, è il loro vero nome. Non sarei mai riuscito ad inventarmelo! – ammiccò Gabriel – E la famiglia Strana ricopre quasi tutte le cariche importanti della città, dal Sindaco in giù.” Diede un’occhiata al negozio di fiori in cui era scomparsa la ragazza di poco prima. “Anche Agrifoglio fa parte di quella famiglia.”

“E anche l’altra che hai nominato prima? Quella…Edera?” chiese ancora Nicholas, ormai morso dalla curiosità. In genere, non sembrava interessarsi molto alle femmine, se non per una notte e via… e anche quello, molto raramente.


Gabriel sospirò. “Sì. E, se ti conosco bene, Agrifoglio ti piace. Se ti va, ti porto a conoscere la Famiglia Strana. Fidati di me, non te ne pentirai. E’ facile che li incontreremo tutti all’evento di oggi, staranno in strada con gli altri. Dai, muoviamoci e andiamo a comprare una tazza di Babbo Natale, così ci facciamo qualche assaggio! Ormai le vendono tutti!”

Nicholas sospirò a sua volta e si lasciò condurre dall’amico. Che altro gli restava da fare, in quel minuscolo e stupido villaggio?




CAPITOLO TERZO


Agrifoglio appoggiò le stelle di Natale sul bancone di Serendipity Lane. Probabilmente Edera doveva essere sul retro, perché l’ non c’era. Tuttavia, non c’erano clienti e la sorella avrebbe dovuto sentire la campanella sulla porta, e si sarebbe almeno dovuto affacciare per vedere chi era. Agrifoglio fissò nervosamente la porta: Edera non sarebbe stata molto felice di sapere che il suo ex fidanzato si trovava a Kismet Bay!

Gabriel era stato l’amore della sua vita, ma poi lui l’aveva mollata per andare in cerca di fortuna altrove. Adesso si era fatto male, e con ogni probabilità non avrebbe più giocato. Ma Agrifoglio non voleva che i due s’incontrassero: Edera aveva sofferto troppo a causa sua! Avrebbe dovuto informarsi un po’ su che intenzioni avesse, e per quanto tempo si sarebbe trattenuto in città. Ma l’amico di Gabriel…le aveva sconvolto le viscere, e lei non aveva resistito all’impulso di fuggire.

Lui invece non si era neanche degnato a chiederle come si chiamava. E lei, stupida!, che gli aveva anche buttato il caffè addosso! Cosa poteva pensare quell’uomo, di una così?

“Ah, sei tu!” esclamò Edera, apparendo dalla porta sul retro – La gara è già cominciata?”

“Sì – tagliò corto Agrifoglio – Sono quelle le tazze di Babbo Natale?”

Ogni negozio aveva un numero stabilito di tazze da poter vendere, ed erano tutte numerate. Chi ne comprava una, aveva diritto ad un assaggio illimitato di cioccolata nel negozio in cui l’aveva acquistata, e un semplice assaggio negli altri empori. In pratica, tutti potevano ingozzarsi fino a scoppiare.

“Che hai? – chiese Edera, scrutando la sorella – Sei strana.”

“Non ho niente.” rispose asciutta Agrifoglio, e si mise a riordinare le tazze sullo scaffale. Il pentolone pieno di cioccolata era già pronto sul retro, ma un bel po’ di cioccolata calda era disponibile anche sul bancone. I clienti che avevano già una tazza di Babbo Natale potevano servirsi da soli, mentre quelli che non l’avevano potevano acquistarla seduta stante e venivano registrati, prima di poter fare l’assaggio.

“Che fine avevi fatto? Sei stata via più del solito.” la incalzò la sorella, mentre sistemava le stelle di Natale in vetrina, accanto ai quadri dipinti dagli artisti della città. Anche quella era ormai una tradizione di famiglia: durante l’evento il negozio si offriva di esporre le varie opere per aiutare gli artisti a venderli, dietro compenso di una piccola percentuale. Ma anche quella finiva in beneficenza.

“Niente…ho avuto un piccolo contrattempo al Witch’s Brew. “ tagliò corto Agrifoglio. Era dichiaratamente in imbarazzo , non solo per Gabriel ma anche per l’incidente del caffè, e cercava di non incontrare lo sguardo della sorella. Non faceva che ripensare a quel maschio splendido che aveva incontrato. Aveva meravigliosi capelli neri e stupendi occhi blu che, forse perché era nervoso, le erano parsi molto più scuri. Di sicuro non era un giocatore come Gabriel. Si chiese come mai i due si frequentassero.

“E mi liquidi così?” esclamò Edera, scrutandola ancora più a fondo.

Fu la campanella del negozio a salvare Agrifoglio…o meglio, la folla di clienti che si riversò nel negozio, ognuno brandendo la propria tazza di Babbo Natale. Le sorelle li accolsero con gioia , mostrando loro dove potevano servirsi della cioccolata: Agrifoglio sperava che quell’anno l’avrebbero gradita più del solito!

“Beh, che fai?” esclamò una voce maschile alle sue spalle. Agrifoglio si sentì un colpo al cuore. Come cavolo erano riusciti a entrare, quei due, senza che lei li avesse notati? Di sicuro si erano nascosti tra la folla; molto facile, considerando il caos che c’era e lei completamente immersa nei suoi pensieri.

Si voltò per guardare l’uomo bene in faccia. “Ciao di nuovo.” esclamò.

Si guardò in giro: ma…Gabriel? Aveva lasciato da solo l’amico? E ora che ci pensava: dove si era nascosta, Edera? Non la vedeva da nessuna parte. Se avesse capito che Gabriel era in città, le sarebbe bastato un fischio di lui per gettarsi di nuovo ai suoi piedi! Quella stupida era ancora cotta di quel bellimbusto!

Agrifoglio pensò con rabbia che solo una linea invisibile separava l’odio dall’amore. Malgrado Gabriel l’avesse profondamente ferita, Edera era riuscita a perdonarlo.

L’uomo le tese la mano. “Non ci hanno presentati. Mi chiamo Nicholas Bell.” disse.

“Piacere.” farfugliò Agrifoglio, stringendogli la mano. Dio, ma perché si sentiva così in imbarazzo, davanti a quell’uomo?

“Rimarrai a lungo in città?” chiese, tanto per darsi un contegno.

“Spero proprio di no! – esclamò, ruvido, Nicholas – Gabriel doveva venire qui per un paio di giorni a riabbracciare i suoi, e poi ce ne andremo insieme in un posto molto più caldo.”

“Ah?” esclamò Agrifoglio, con occhi vacui. Cavolo, quell’uomo penserà che sta parlando con la donna più stupida del circondario! “E…vuoi fare un altro assaggio?”

Nicholas abbassò lo sguardo sulla tazza che aveva in mano, acquistata chissà dove. Si sentì come se stesse per offenderla. “No grazie! Un altro goccio e mi trasformo in una barretta di cioccolato!” esclamò.

Probabilmente avrebbe avuto un ottimo sapore, pensò Holly. Immagino golosamente come sarebbe stato dargli un bel morso. Beh, non in senso letterale, diciamo una cosa più…intima. Ma doveva toglierselo dalla mente, quell’uomo non era per lei! Nicholas odiava quella città, mentre per lei Kismet Bay era la vita.

“Peggio per te. Serendipity Lane ha la cioccolata migliore della città!” esclamò, quasi con cattiveria.

Lui le sorrise con altrettanta cattiveria. “Ne sei proprio sicura? Sei legata qui o puoi venire a fare una passeggiata con me? Dov’è il proprietario?” chiese, guardandosi in giro. “Perché non chiedi una pausa, o almeno di lasciarti libera prima’?”

Agrifoglio avrebbe voluto tuffarsi ad accettare la sua proposta, ma si trattenne: non poteva lasciare sola Edera proprio quel giorno. Aveva solo ventitré anni, ma non per questo era una ragazza irresponsabile. Lui invece sembrava avere quattro o cinque anni di più, forse l’età di Gabriel.

“Non posso. Oggi sono legata qui.” rispose, mestamente.

Il sorriso di Nicholas svanì. “E’ un vero peccato. Ma perché non mi dici dove posso trovare il proprietario? Forse riesco a incantarlo col mio fascino e ti concederà una pausa!”

“Mi dispiace, ma non posso. Se potessi, avrei già accettato.” rispose, sempre più tristemente, Agrifoglio.

Nicholas la guardò, confuso. “Davvero? Ho capito, forse questo locale è tuo.”

“Sì, mio e di mia sorella.”

Proprio in quel momento Agrifoglio scorse Edera, che non sembrava avere un’aria felice. “Edera!” la chiamò.

“Beh, allora speriamo di vederci più tardi.” concluse l’uomo. E si mise a fissare Edera.

A quello sguardo, Agrifoglio si arrabbiò. Ma come, guardava la sorella? Era così volubile, quel tizio? Ok, che andasse al diavolo, non aveva bisogno di lui!

Lo piantГІ in asso e raggiunse Edera dietro il bancone. Aveva cose piГ№ importanti a cui pensare, piuttosto che a un bellimbusto che comunque non sarebbe mai stato suo!




CAPITOLO QUARTO


Nicholas si era pentito di essersi comportato male con Agrifoglio. Ora, desiderava conoscere meglio la ragazza, e quindi decise di aspettare fino all’ora di chiusura di Serendipity Lane. Dall’orario esposto fuori del locale, aveva visto che avrebbero chiuso alle cinque del pomeriggio. Aveva ancora un paio di ore davanti, e così pensò di investirle fruttuosamente. Si recò nel negozio di fiori dove aveva visto sgattaiolare la ragazza quella mattina e chiese di Agrifoglio – chiaramente là dentro tutti la conoscevano! Gabriel aveva ragione. Quella città era letteralmente invasa dalla famiglia Strana! Come era logico, anche quelli del negozio erano parenti di Agrifoglio , e quindi furono in grado di consigliargli che tipo di rose scegliere da regalarle, e Nicholas ne acquistò una dozzina.

Poi si recò a Grape Flavors, dove comprò anche una bella bottiglia di vino. Anche lì ebbe fortuna, e potè scoprire altre cose interessanti su Agrifoglio. Infine, si recò al Witch’s Brew e fece un accordo con Tristan, che era il proprietario della caffetteria insieme con Esmeralda, ennesima cugina di Agrifoglio. Il bar chiudeva un’ora prima di Serendipity Lane e quindi Tristan fu molto contento di mettere a frutto quell’ora inutilizzata.

Nicholas aveva organizzato tutto per riuscire a sorprendere la ragazza. Gli mancava solo il mondo di attirarla al Witch’s Brew, e l’aiuto gli venne ancora una volta da Tristan.

“Farò un salto al loro locale e dirò ad Agrifoglio che mi serve un attimo qui.” disse Tristan. Poi fece l’occhiolino a Nicholas. “Quando non si conosce bene una donna, è meglio farsi aiutare. Approfittiamo che Esmeralda non c’è. Ha un appuntamento…romantico, stasera.”

Nicholas lo guardò con simpatia. “E…ti dispiace?” chiese timidamente.

“No, siamo solo amici. Il mio cuore è legato ad un’altra, una che non mi vuole più. Ma tornerà. Le donne lo fanno sempre.” rispose Tristan, con tristezza.

Nicholas si accigliò. “Come fai a esserne così sicuro?”

“Alla fine è Kismet Bay che ti costringe. Succede ogni volta. Qualcuno dice che è una specie di magia.” Restò un attimo in silenzio. “Non saprei come spiegartelo, è come un richiamo dell’anima. Sapessi quante coppie si sono innamorate, una volta messo piede in città! Come se questo posto fosse nato proprio per l’amore.” Abbassò lo sguardo. “Ma forse sono io che voglio vedere le cose in questo modo. Almeno mi resta la speranza che un giorno o l’altro lei tornerà da me.”

“E…chi è? “ chiese Nicholas, con un certo interesse. Sicuramente, non si trattava di Agrifoglio, altrimenti Tristan non lo avrebbe certo aiutato. Quel giorno aveva fatto conoscenza con parecchi membri femminili della famiglia Strana, ma era convinto che nessuna di loro fosse la persona di cui era innamorato Tristan. Avevano tutte un’attività commerciale a Kismet Bay e, da quello che gli era parso di capire, la sua bella aveva lasciato la città senza voltarsi indietro.

“E’ Salvia, la sorella gemella di Agrifoglio.” rispose Tristan.

Nicholas s’irritò. Aveva detto che erano gemelle. E, se non potendo avere Salvia, Tristan avesse puntato un giorno ad Agrifoglio? “ E dov’ è andata?” chiese, con circospezione.

“Nella capitale, dove ha aperto un’attività di progettazione di eventi. Ormai si sta facendo un nome, là. Salvia è l’unica della famiglia Strana che non ha voluto radicarsi a Kismet Bay. Lei e Agrifoglio sono molte diverse: a parte il colore dei capelli, non hanno molto in comune.”

“ E fisicamente, si assomigliano?” chiese ancora Nicholas.

Tristan scosse il capo. “No, per niente.”

Chissà perché, ma Nicholas si sentì molto sollevato da questa risposta. Voleva Agrifoglio tutta per sé, e non gli sarebbe piaciuta l’idea di vedere una sua sosia tra le braccia di qualcun altro. Lei era già… Frenò con rabbia i suoi pensieri. Ma ormai il senso di possesso aveva preso il sopravvento. Non poteva fare a meno di considerare Agrifoglio come SUA.

“Ti sono molto grato per il tuo aiuto. Lo apprezzo .” sussurrò a Tristan.

“Figurati…” rispose Tristan, e si mise a riordinare il negozio. Infine, porse a Nicholas un mazzo di chiavi.

“Assicurati di chiudere bene la porta, quando avrai finito. Poi, dai le chiavi ad Agrifoglio. Andrò io a riprenderle a Serendipity Lane. Il negozio rimarrà chiuso fino a domattina, quindi non c’è fretta.”

Nicholas non aveva mai incontrato persone così fiduciose nel prossimo. Chissà, forse c’era davvero qualcosa di magico, in quella piccola città. Tristan lo aveva appena conosciuto e non aveva esitato a dargli le chiavi del proprio locale. Cosa lo spingeva a fidarsi a quel modo di un estraneo?

“ Fidati.” gli disse.

“Mi fido. Altrimenti, ti avrei buttato fuori un attimo dopo che sei entrato nel locale e mi hai chiesto di Agrifoglio. Come ti ho detto, Kismet Bay è magica. Ti aiuta a entrare nell’anima delle persone.” rispose Tristan, con tono quasi misterioso.

Ciò detto uscì dal bar, e lasciò Nicholas da solo ad aspettare Agrifoglio. Nicholas sperava che lei avrebbe gradito la sorpresa e gli avrebbe perdonato la maleducazione di poco prima. Lui aveva agito come suo solito, ma da quando aveva conosciuto quella donna non aveva smesso un attimo di desiderarla, desiderarla, desiderarla….




CAPITOLO QUINTO


Come promesso, Tristan era andato da Agrifoglio e le aveva chiesto il favore di recarsi un attimo al Whitch’s Brew. Ma di cosa cavolo aveva bisogno, Esmeralda? Di solito non era di cattivo umore, ma ora Agrifoglio non desiderava altro che raggomitolarsi in pace sul divano e riposare. Il Cocoa Crawl di quell’anno era stato un successone! In settimana avrebbero saputo quale cioccolata aveva vinto.

Forse Esmeralda voleva che andassero a cena insieme? Le sarebbe piaciuto invece vedere Nicholas, ma lui si era comportato da vero cafone. Non si era fatto più vedere. Forse, se fosse stato più gentile, gli avrebbe chiesto lei di unirsi a loro a cena. Non era potuta uscire con lui nel bel mezzo del caos ma- che diamine! – c’era ancora tutta la sera davanti!

Sospirando, Agrifoglio aprì la porta del Witch’s Brew. Venne accolta da una miriade di lucine bianche Natalizie . Cavolo, Tristan ed Esmeralda avevano finalmente deciso di illuminare a festa il locale? Era una settimana che li assillava per abbellirlo! Agrifoglio notò che tutte le luci erano spente, e solo quelle Natalizie erano rimaste accese.

“Esme, dove sei?” gridò, chiudendo la porta dietro di sé. Ma nessuno rispose. A un tratto, una gigantesca ombra nera le si parò davanti, facendola gridare di paura.

“Ehi, sono io! – esclamò Nicholas – Scusa, non volevo spaventarti!”

Tristan e Nicholas si erano alleati? E come cavolo faceva a saperlo, Tristan, che Nicholas le piaceva? Comunque sia, gli avrebbe tirato le orecchie, non appena lo avesse visto. Aveva desiderato passare la serata con Nicholas, ed ecco qua, era stata esaudita. La domanda era: come aveva fatto Tristan a leggerle nel pensiero?

“Non ti preoccupare. E’ passata. Pensavo di incontrare mia cugina Esmeralda, e invece mi sono trovata davanti te.” rispose, a mezza voce.

“Perdonami. Solo che volevo incontrarti da solo, e mi era sembrata una buona idea vederci qui. – disse Nicholas.

Agrifoglio si guardò intorno, e notò dei vasi a centro tavola con i suoi fiori preferiti, gigli rosa e bianchi. Una bottiglia di vino bianco secco e due bicchieri facevano bella mostra di sé proprio davanti a lei, insieme a due piatti coperti, forse per mantenere al caldo quello che c’era dentro. Se Nicholas aveva indovinato i suoi gusti, forse aveva azzeccato anche quello che le sarebbe piaciuto mangiare. Agrifoglio rivolse lo sguardo su Nicholas, e si accorse che si era cambiato la camicia blu macchiata di caffè e ne aveva indossata una azzurra come i suoi occhi, con cravatta abbinata. Era così bello ed elegante, che le fece venire voglia di tuffarsi tra le sue braccia!

“Bene – sorrise lui – è tutto di tuo gusto?”

“Per ora sì. – rispose lei, sensualmente. Si tolse il cappotto e lo sistemò su un gancio, poi guardò di nuovo Nicholas. “Dimmi cosa mi hai preparato per cena e ti dirà se è tutto perfetto.”

“Pollo al Marsala e pasta integrale!” esclamò, soddisfatto, Nicholas.

Cavolo, aveva indovinato anche questo! Sembrava proprio l’uomo ideale, pensò Agrifoglio. E ciò la intimorì.

“Come hai…” balbettò. Ma Nicholas la interruppe.

“…fatto a indovinare? Beh, devo dire che i tuoi parenti mi sono stati molto d’aiuto! Forse dovresti fargli capire che non è bene spifferare i fatti privati al primo venuto!” esclamò Nicholas, sornione.

C’era solo una spiegazione a tutto questo. Kismet Bay era all’opera con la sua magia d’amore. La prima volta che si erano incontrati, Nicholas era volgare e arrogante, ma ora sembrava cambiato. Non era una caso che la città si chiamasse così: Kismet, che significa Destino. I suoi avi avevano sempre creduto al Fato. Erano approdati incolumi nella Baia dopo un viaggio disastroso. Dal momento in cui avevano messo piede a terra, però, quella baia si era rivelata magica e la sua magia preferita era l’Amore.

Non era solo il destino a far scattare la passione tra due persone, ma se per caso riuscivi a trovare l’anima gemella la tua vita sarebbe cambiata per sempre. Anche per questo Ivy era sempre triste. Gabriel era la sua anima gemella e senza di lui si sentiva come se le mancasse un pezzo della propria anima.

E Nicholas, sarebbe stata l’anima gemella di Agrifoglio? Probabilmente, per la sua famiglia la risposta era sì, e ora anche Agrifoglio cominciava a crederci. Si era sentita attratta da lui fin dal primo istante. E anche a lui doveva essere successa la stessa cosa, se aveva organizzato tutto questo solo per incontrarla di nuovo.

“La mia famiglia ha un sesto senso; non ti avrebbero aiutato se non si fossero fidati di te. Probabilmente hanno pensato che aiutarti fosse la cosa giusta da fare.”

Non voleva spaventarlo con cose come il destino e la magia. Prima di tutto, Agrifoglio voleva essere lei completamente convinta. Gli si avvicinò e gli mise le braccia al collo: “Baciami.” gli sussurrò.

Non ci fu bisogno di dire altro. Nicholas la strinse tra le braccia e la baciò con passione. La magia di quella città si posò su di loro e accese di lussuria quel bacio. Le loro lingue si toccarono e s’intrecciarono, e lei sentì che davvero lui aveva il sapore del cioccolato e della cannella… gli ingredienti misteriosi della sua cioccolata di quell’anno. Agrifoglio gemette, mentre la brama di spogliarsi e di continuare a baciarsi, nudi, si fece impellente per entrambi. Ma per Agrifoglio era già tanto quello che gli aveva concesso, e non voleva spingersi oltre. Si staccò da lui, prima di fare qualcosa di irreparabile.

“Ma…” sussurro Nicholas, a quel brusco distacco.

“Perdonami…” si scusò lei.

Lui sorrise. “Ti voglio.”

Agrifoglio lo guardò con desiderio. Quell’uomo avrebbe potuto diventare più importante per lei della sua stessa felicità. Ma non poteva dimenticare ciò che era successo a sua sorella Edera.

“Vorrei riuscire a fare ordine nei miei sentimenti – gli disse – Ma come potrò farlo, se tu non resti qui in città?”

“Non lo so. – rispose lui, con onestà – Ma farò tutto quello che vuoi, se intendi provarci.”

“Sì, lo voglio!” rispose Agrifoglio, con passione.

Nicholas la strinse a sé e la baciò con ardore. “Non avrei mai pensato che mi sarebbe successa una cosa del genere, accompagnando Gabriel a Kismet Bay, ma ora sono contento di averlo fatto! Domani, dirò a Gabriel che non posso andare con lui e che rimarrò qui in città. E poi, vediamo come va tra noi.” esclamò.

Agrifoglio chiuse gli occhi e lo baciò di nuovo. Il suo più grande desiderio si era finalmente realizzato! Le storie d’amore dovevano pur iniziare in qualche modo, e per lei e Nicholas era cominciata ora, a Natale.




LA RIVELAZIONE DELL’ANNO NUOVO

Seconda Novella







DAWN BROWER




CAPITOLO PRIMO


Una folata di vento freddo investi Nash King e penetrò la sua giacca di pelle, come se questa non esistesse. Lui si strofinò le mani, cercando di far recuperare un po’ di calore ai suoi arti intirizziti. Era quasi arrivato; a breve sarebbe entrato nell’enoteca del Grape Flavour, e avrebbe potuto finalmente rivedere l’amore della sua vita, Leilia Strana.

Lui l’amava dalla prima elementare. Avevano fatto tutte le scuole assieme ma, sfortunatamente, per lei Nash era un amico e niente più. C’erano giorni in cui lui si stizziva a questo pensiero. Ma il più delle volte, gli bastava far parte della vita di Leila. Oggi si era ripromesso di prendere il coraggio a due mani, e di dichiararsi a lei una volta per tutte.

Aprì la porta dell’enoteca ed entrò. Era molto orgoglioso di quello che erano riuscite a fare nel locale Leilia e sua sorella Caprecia. Ogni bottiglia di vino era catalogata e ben ordinata sui vari scaffali. Avevano perfino allestito un angolo snack, con panini e formaggi di vario tipo. Quel posto era gradevole e appetitoso allo stesso tempo.

Le due ragazze erano proprietarie anche di un vigneto, che gestivano con un’altra sorella, Ofelia, ma lei non si occupava dell’enoteca. Preferiva andare a lavorare presso Il Blooms of Destiny insieme alla cugina Amadea. Moltissime delle attività commerciali della piccola città erano di proprietà della famiglia Strana. D’altra parte, erano stati i loro avi a fondare Kismet Bay, più di duecento anni prima.

Nash si diresse verso il bancone, dove sperava di incontrare Leilia. Non c’era un motivo preciso per cui era lì quel giorno, ma le due sorelle erano ormai abituate alla sua costante presenza nel locale.

Finalmente la vide. I suoi bruni capelli si allargavano sulle spalle in morbide onde. Da lì non poteva guardarla negli occhi, ma non importava; quel suo sguardo blu cobalto gli era ormai entrato nel cuore. Leilia viveva dentro di lui e, se anche solo avesse voluto provare a dimenticarla, non ci sarebbe riuscito. Era giunto ormai il momento di dichiararsi e finalmente trovare pace.

Nash stava appunto per farlo, quando Caprecia uscì come una furia dallo stanzino sul retro e quasi gli venne addosso.

“Che fai ancora qui? – esclamò , rivolta alla sorella – Vai a casa a cambiarti! Sei in ritardo per il tuo appuntamento!”

Nash rimase attonito. Che appuntamento? Era la Vigilia di Capodanno e Leilia non gli aveva detto nulla a proposito di appuntamenti! Eppure era convinto che tra loro non ci fossero segreti! Doveva assolutamente sapere di che si trattava e c’era un solo modo per farlo: imbastire quattro chiacchiere con Leilia. Ma non riusciva a muoversi. Si sentiva bloccato dal gelo e dalla paura.

“Oh, c’è ancora un sacco di tempo…” rispose lei, fissando Nash come se non lo vedesse – Devo finire l’inventario prima di andare. Abbiamo finito lo Champagne Rosé e anche il Moscato.” Guardò con stizza l’orologio che aveva al polso. “Questo è uno dei giorni più incasinati dell’anno, per una che gestisce un negozio! Ma a che cavolo stavo pensando, quando ho accettato di uscire con Percival?”

“Forse perché stai ancora cercando il tuo uomo ideale? – scherzò la sorella, facendole l’occhiolino – Magari è lui!”

Leilia la guardò. “Può darsi! Ahahaha!” E giù, una grassa risata.

Nash stava fremendo. Non gli importava che Leilia fosse ancora libera, come capiva da quei discorsi! Lui la voleva solo per sГ©!

“Puoi chiedergli di indossare l’armatura e avrai il Principe Azzurro che desideri!” stava ancora scherzando Caprecia.

Leilia roteò gli occhi al cielo. “Ah, non farmi pensare a quei tre! Ma che gli frullava nella testa, alle loro madri, quando hanno scelto quei nomi?”

“Chissà! – ridacchiò Caprecia – Forse ai cavalieri della Tavola Rotonda! Anche se mancano Lancillotto e Galahad, già Tristan, Percival e Gawain fanno un bel trio! Probabilmente non sono riusciti a fare altri figli maschi, altrimenti il gruppetto era completo! Ahahaha!”

Caprecia rimase un attimo a riflettere. “Dunque…Tristan è ancora invaghito della sua bella Salvia, quindi restano Percival e Gawain…che però ha ambizioni Hollywoodiane. Quindi ti rimane solo Percival tra cui scegliere! Che ne dici? Comunque, è proprio un bel fusto!”

Basta! Nash non ce la faceva davvero più a sopportare i loro lazzi! Si trascinò verso il bancone con le mani sprofondate nelle tasche. I tre bellimbusti di cui stavano parlando le due sorelle erano stati i suoi peggiori torturatori, al liceo! Lo avevano sempre bullizzato! Anche ora che erano passati già quattro anni, non riusciva a scuotersi di dosso il ricordo delle loro angherie! Certo, erano maturati e il loro rapporto si era fatto più civile…ma Nash non riusciva a dimenticare lo stesso.

Fece per andarsene, quando Leilia lo chiamò: “Nash! – esclamò gioiosa – Vieni, che ti faccio provare un nuovo vino!” La voce di lei era sempre musica per le sue orecchie.

Si tolse le mani dalla tasca e si sforzò di sorridere. “Davvero? E non me ne pentirò, dopo averlo bevuto?”

“Certo che no! – esclamò Leilia, teneramente – Non ti ho sempre consigliato bene?”

“Beh, la vita è lunga, c’è sempre tempo per sbagliare!” scherzò lui. Si era disegnato sulla faccia un bel sorriso, ma dentro era ferito dall’indifferenza di lei e dal discorso che aveva appena sentito. Chissà se era stata una coincidenza. Aveva letto da qualche parte che le peggiori verità vengono fuori sempre per caso…

“Oh, hai sempre voglia di scherzare…– disse Leilia, e gli versò due dita di vino in un bicchiere – Senti questo: è un Merlot che produciamo nella nostra vigna. Dimmi che ne pensi. Ho intenzione di inserirlo in negozio come Novità dell’Anno.”

“Sarà un anno di novità, a quanto pare.” mormorò lui, tristemente.

“Cosa?” chiese Leilia, confusa.

Nash aveva sperato di iniziare con lei l’Anno Nuovo, ma evidentemente Kismet Bay non era dello stesso parere. Tutti gli abitanti erano convinti che la città avesse un ruolo preciso, nella nascita di nuovi amori.

“Niente, parlavo da solo.” disse lui. Invece di assaggiare, si prese tutta la bottiglia. “Grazie, eh? – scherzò – Se dopo ci vediamo, magari ce lo beviamo assieme!”

Leilia sorrise. “Può essere un’idea. Che progetti hai per stasera?”

Era proprio la domanda che aveva intenzione di farle lui, poco prima. Al danno si aggiunge la beffa… Nicchiò. “Nulla di speciale. Penso che starò a casa da solo…”

“Hai intenzione di vedere qualcosa in tv?” chiese ancora la ragazza.

“Non lo so. Non so nemmeno se starò in piedi a mezzanotte.” Guardò di sbieco Caprecia, che cercava di rendersi invisibile. Evidentemente, si sentiva un po’ di troppo.

“Ora devo andare…” aggiunse Nash, precipitosamente. E sgattaiolò fuori della porta, con il cuore che gli martellava furiosamente nel petto…




CAPITOLO SECONDO


Nash si era praticamente dileguato dall’enoteca. Leilia avrebbe voluto seguirlo. Si stava comportando in modo strano. Di sicuro qualcosa lo aveva infastidito, ma non le aveva detto niente. Leilia non capiva cosa avesse. Se solo non avesse promesso a Percival Wright di passare la notte di Capodanno con lui! Ma che cosa le era frullato per il capo? Percival era un bel ragazzo, ma Leilia non lo vedeva come probabile compagno della sua vita.

“Io vado a casa – disse a Caprecia – Ci vediamo domani in vigna.”

L’enoteca sarebbe rimasta chiusa a Capodanno, ma per le due sorelle sarebbe stata una giornata di lavoro qualsiasi. La loro proprietà, Prosperity Vineyard, si trovava distante da casa circa trenta miglia, e inoltre c’era anche una piccola fattoria all’interno a cui badare, con letti già pronti per le sorelle, quando erano costrette a pernottarvi.. O meglio, quando gli affari lo permettevano. Il che non accadeva spesso.

Leilia si diresse verso la sua vettura, accese il motore e lo fece scaldare per qualche minuto; poi si avviò verso il suo monolocale. Una volta a casa, si fece una doccia e poi si preparò per il suo appuntamento. Si augurò di non doversene pentire. Percival voleva portarla a una specie di festa che si sarebbe tenuta al Witch’s Brew quella sera, di cui sua cugina Esmeralda era per metà proprietaria. Per l’evento, avevano ordinato anche parecchie casse di Spumante Rosè, proprio da Grape Flavours. Sarebbe servito per brindare al Nuovo Anno.

Si asciugò i capelli e li spazzolò finché non divennero belli lucidi. Poi indossò una gonna blu con una spaccata laterale, e un top nero a maniche lunghe di pizzo. Infine un paio di sandali abbinati con tacco a spillo. A Leilia piaceva essere elegante, quando ne aveva l’occasione. Peccato che non capitava quasi mai!

Un sommesso bussare la distolse dai suoi pensieri. Andò ad aprire la porta, e si trovò davanti un bellissimo Percival in abito scuro e cravatta verde, che ben si abbinava al colore dei suoi occhi. Lui le porse un’unica rosa dallo stelo lungo.

“Spero che ti piaccia. Non conosco ancora i tuoi gusti.” disse.

Leilia prese la rosa e l’annusò: le piacevano tutti i fiori, anche se le rose non erano proprio le sue preferite. Ma lui non poteva saperlo.

“Grazie, è bellissima.” gli disse.

“Come te.” esclamò lui, galante. Avrebbe dovuto farle piacere ma, chissà perché, a Leilia quel complimento diede quasi fastidio.

“Sei pronta?” chiese Percival.

“Certo!” rispose lei. Forse avrebbe dovuto mettere la rosa nell’acqua, ma non lo fece. Ma allora, che stava uscendo a fare con quello? Eppure, sapeva bene che Percival non era il suo tipo! Comunque, si rassegnò all’idea di passare la serata con lui; ormai aveva accettato e non poteva certo tirarsi indietro! Prese il cappotto e seguì Percival fuori dell’appartamento.

In un baleno arrivarono al The Witch’s Brew. Appena entrata, appese il cappotto all’appendiabiti e ammirò l’illuminazione: questa volta, Tristan ed Esmeralda si erano proprio superati! C’erano minuscole luci al led dappertutto, perfino nell’angolo bar, e palloncini ovunque.

“Oh, sei arrivata! – esclamò Esmeralda, abbracciandola – Che ti porto?”

“Niente, grazie.” rispose Leilia.

Esmeralda si rivolse a Percival. “Tristan ti stava cercando. Puoi andare a vedere che vuole?”

“Sì, ora vado.” disse il ragazzo, aguzzando lo sguardo per cercare di vedere Tristan.

“Ok, divertitevi. Io vado a salutare gli altri ospiti!” esclamò Esmeralda. E se ne andò a fare quattro chiacchiere con la gente che era appena entrata. Eh, sua cugina Esmeralda era fatta così. Sempre la testa tra le nuvole!

“Ti prendo qualcosa da bere? “ chiese Percival. Leilia ebbe un moto di stizza: non l’aveva sentita, quando Esmeralda le aveva fatto la stessa domanda? Ma si trattenne. Non poteva trattarlo male per una cosa così stupida.

“No, grazie. Magari più tardi.” rispose gentilmente.

“Beh, se non ti spiace, io invece ho voglia di bere. Torno subito.” disse Percival, e la lasciò lì da sola. Leilia lo vide avvicinarsi a Tristan che in quel momento stava parlando con un tizio. Non appena lo vide, Tristan gli fece un bel sorriso. Si salutarono come se non si vedessero da tempo! Nulla di strano, ma Leilia si sentiva sempre più di cattivo umore. Erano appena arrivati al locale, e già Percival l’aveva piantata in asso per andare dal suo migliore amico! Ma non poteva biasimarlo: se Nash fosse stato nei paraggi, forse anche lei avrebbe fatto lo stesso! Con la differenza che Percival, in teoria, avrebbe dovuto comportarsi da cavaliere e lei no.

Non che lei se lo aspettasse: un cavaliere con la sua lucente armatura… roba da matti! E Percival non aveva l’aria di voler mollare l’amico. Magari, avrebbe potuto fare come lui e andare a scambiare quattro chiacchiere con un’amica…ma più ci pensava, più s’innervosiva. C’era una sola persona di cui avrebbe gradito la compagnia, e proprio quella non era venuta. Forse, avrebbe dovuto eclissarsi prima di prendere un ennesimo palo. Che stronzo! Percival l’aveva delusa prima ancora di cominciare!

Afferrò il cappotto e uscì dal locale. Molto meglio starsene rintanati a casa in compagnia di una ciotola di popcorn e un bel bicchiere di vino! Avrebbe potuto fare una telefonata a Nash e vedere se lui era disponibile a farle compagnia. Più ci pensava, più le sembrava un’ottima idea.

Lanciò un’occhiata a Percival, chiedendosi se doveva dirgli o no che voleva tornare a casa. Infine decise di inviargli un sms sul telefonino, adducendo la solita scusa che non si sentiva molto bene. Poi, si rimise il cellulare in tasca e si avviò verso casa di Nash. Moriva dalla voglia di rivedere il suo migliore amico!




CAPITOLO TERZO


Nash arrivò a casa e posò sul tavolo la bottiglia di vino che Leilia gli aveva regalato. Si scrollò la neve di dosso dal cappotto e lo gettò su una sedia…o almeno ci provò, perché non prese bene la mira e la giacca finì a terra. Rimase a fissarlo per qualche attimo, riflettendo se gli conveniva appenderlo al suo posto nell’armadio o lasciarlo lì per terra. Alla fine, con un sospiro lo raccattò e lo ripose.. Non era colpa di nessuno se la sua intenzione di dichiararsi a Leilia era andata a farsi benedire.

Guardò la bottiglia di vino, e si chiese se avrebbe dovuto scolarsela da solo per dimenticare, ma poi pensò che probabilmente gli ci sarebbe voluto qualcosa di più forte per affogarsi nell’alcool.

Andò al suo angolo bar e ne tirò fuori una bottiglia di whiskey, e se ne versò un bicchiere pieno. Se lo scolò d’un botto, e l’impatto del liquore con la sua gola fu così violento che rimase un attimo senza fiato per il bruciore. Se ne versò un altro, e poli un altro ancora. Al terzo bicchiere, la stanza cominciò a vorticargli intorno e non si sentiva più tanto lucido.

Afferrò la bottiglia di whiskey e si trascinò sul divano. Non c’era motivo di mantenere la compostezza; poteva scolarsi il liquore direttamente dalla bottiglia.

Più che sedersi, crollò sul divano, tenendosi aggrappato alla bottiglia. Prese il telecomando e accese la tv: sullo schermo c’erano un uomo e una donna. Nash ringhiò, quando l’uomo salutò gli spettatori dicendo :

“Salve, sono Gawain Daly e la mia adorabile compagna è Jocelyn Stacy!”

“Brutto bastardo!” mormorò Nash alla sua direzione. Gawain si scostò una ciocca di capelli dalla fronte e si rivolse alla donna. ““Stasera si gela, ma hai notato quanta gente si è radunata qui per festeggiare insieme il Nuovo Anno?” E sfoderò il suo famoso sorriso a trentadue denti tipico dell’uomo di successo. “Allora, se potessi modificare qualcosa dell’anno che sta finendo, cosa cambieresti?” chiese ancora alla co-conduttrice.

“Pensa ai cazzi tuoi, stronzo!” ringhiò Nash, resistendo all’impulso di lanciare la bottiglia contro la tv. Invece se ne fece un altro sorso. Nash credeva di aver steso un velo pietoso sui brutti anni del liceo, ma a quanto pare non era così.

“Credo che non cambierei nulla – stava rispondendo la donna – E tu?”

“Oh, è una domanda da non fare alla Perfezione in persona!” scherzò Gawain, facendo l’occhiolino alla telecamera – E il bacio di mezzanotte? Hai pensato con chi lo scambierai?” continuò quello.

Nash s’infastidì: era chiaro che quel pallone gonfiato si aspettava che la donna rispondesse che voleva darlo a lui! Sperò che quella gli facesse una bella doccia fredda, e si fece un altro sorso di whiskey. Ormai mezza bottiglia era andata. A quel ritmo, per mezzanotte sarebbe stato bello che stecchito!

“Mah…ci sarebbero vari candidati…” civettò la papera bionda in tv. Ma, da come si umettava sensualmente le labbra guardando Gawain, era chiaro che alludeva a lui.

“Quel bastardo ha sempre avuto una fortuna sfacciata…” mugolò Nash. Ma perché cavolo aveva acceso la tv? L’ultima cosa di cui aveva bisogno, quella sera, era vedere quello stronzo che si pavoneggiava con la stellina di passaggio del suo ultimo film!

Del famoso trio di cavalieri, Gawain era stato il leader. Gli altri due erano almeno passabili, quando lui era fuori dalle palle! Nash era felice che si fosse tolto dalle scatole, e che fosse andato a cercare fama e onori in California! Non gli ci era voluto molto per affermarsi: il fato gli aveva sempre dato una mano!

L’inquadratura si spostò sul fascio di luce pronto a brillare allo scoccare della mezzanotte. La voce di Gawain ormai rimbombava sullo schermo.

“Come potete vedere, qui tutto è pronto per brindare insieme al Nuovo Anno, che ci auguriamo sarà splendido per tutti noi! E ora, colleghiamoci con le emittenti di Los Angeles e di Corbin Vale!”

Nash spense la tv. Era convinto di essere ormai abbastanza ubriaco da dimenticare che Leilia avrebbe festeggiato la mezzanotte con Percival, ma lei era sempre lì, nei suoi pensieri. Avrebbe baciato il suo bellimbusto, come Gawain di sicuro avrebbe baciato la sua paperella? A questo pensiero lo stomaco si rivoltò, e Nash concluse che era il momento di ubriacarsi sul serio. Tanto, cosa aveva da perdere? Si attaccò alla bottiglia e tracannò altro whiskey. Ormai non gli faceva più effetto, quando gli scivolava giù per il palato.

A un tratto, gli parve di sentire un sommesso bussare. PensГІ di esserselo sognato, e continuГІ a bere. Ma poi un ennesimo colpo alla porta lo costrinse a tirarsi su e a mettersi a sedere sul divano. Non riusciva a distinguere bene la porta, e di sicuro non sarebbe stato in grado di alzarsi per andare ad aprire.

“Chi è?” gridò, dal divano. Non aveva la più pallida idea di chi potesse essere, a quell’ora. E sicuramente non era preparato, quando la porta si aprì e Leilia entrò nell’appartamento. Ma che diavolo ci faceva lì? E Percival? Se quello stronzo avesse solo osato sfiorarla con un dito…

Nash gli avrebbe fatto sputare l’anima, non appena fosse stato in grado di mettersi in piedi! Nessuno poteva permettersi di fare del male all’amore della sua vita!




CAPITOLO QUARTO


Leilia fissò Nash come se lo vedesse per la prima volta: ma quello non era l’amico che conosceva! Possibile che fosse…ubriaco?

“Hai bevuto?” gli chiese, sconvolta. Chiuse la porta e si tolse il cappotto. Se avesse continuato a bere così, presto avrebbe avuto bisogno di aiuto!

“Qualche sorso….” farfugliò Nash, sollevando la bottiglia di whiskey quasi vuota.

“Ti prego, dimmi che quella bottiglia era già a quel livello, quando hai cominciato a bere!” esclamò Leilia, fissando il dito di liquore che vi restava dentro. Gli strappò la bottiglia da mano e l’appoggiò sul tavolo. “E’ da oggi che ti comporti stranamente. Allora, mi vuoi dire che cavolo hai? “ lo sgridò.

“Beh, un uomo non può farsi un goccio ogni tanto? – biascicò Nash, accendendo la tv – Guarda, guarda uno dei tuoi cavalieri alla televisione. Non vuoi vedere se magari è pronto a rinunciare a Hollywood e ad essere accalappiato?”

Leilia guardò lo schermo. Gawain Daly stava giocando col pubblico. Era sempre stato così, un uomo sfavillante in grado di monopolizzare l’attenzione su di sé. Gawain era bello. Di sicuro quel viso gioviale e il fisico attraente lo avevano aiutato a bucare lo schermo e ad avere fortuna a Hollywood. Ma non lo conosceva bene; le uniche cose che sapeva di lui venivano da Tristan.

Eh già, Tristan. Una volta lui e sua cugina Salvia erano inseparabili, poi lei lo aveva mollato. Non aveva mai capito perché, ma comunque non erano affari suoi. Salvia era partita nello stesso periodo in cui Gawain era andato a cercare fortuna nel cinema. Talvolta, l’aveva sfiorata il pensiero che tra quei due ci fosse qualcosa.

“Non mi frega niente di Gawain o dei suoi cavalieri! – rispose Leilia, stizzita – Quel terzetto non mi è mai andato a genio!” Sembrava davvero che li odiasse.

“E allora, che vuoi da me?” mormorò Nash, sempre più ubriaco.

“Pensavo di fare compagnia al mio migliore amico, ma evidentemente non sei come credevo!” rispose lei. Poi sospirò.

“Ti va una tazza di caffè? Credo che tu ne abbia davvero bisogno.” Beh, forse avrebbe dovuto berne più di una, rifletté.

“Fa quel che vuoi ma non per me. Il whiskey è ciò che ci vuole. Ridammi la bottiglia.” biascicò Nash.

Leilia si avvicinò alla macchinetta del caffè espresso, vi gettò una capsula, si assicurò che ci fosse abbastanza acqua e poi premette il pulsante. Notò la bottiglia di vino che Nash si era preso dalla sua enoteca. Almeno, non l’aveva sprecata per ubriacarsi! Quel vino doveva essere degustato e apprezzato appieno, non gettato nella gola di un ubriacone!

Quando il caffГЁ nero fu pronto, ne versГІ una tazza e la portГІ a Nash.

“Ecco qua – caldo, scuro e pieno di cazzotti! – gli disse – Anche se, a quanto pare, quel whiskey ti ha già messo KO!”

Lui l’annusò e respinse la tazza. “Ti ho detto che non lo voglio! A meno che non ci spari dentro un bel po’ di whiskey!

Lei sospirò, ripose la tazza sul tavolo e si sedette sul divano accanto a lui. “Scordatelo, non ne avrai più di whiskey! Perché invece non mi dici che problemi hai!”

La voce di Gawain quasi esplose dal televisore e Nash ringhiò alla sua volta. Leilia prese il telecomando e spense di nuovo la tv. Aveva capito, ormai. Non era un mistero l’odio di Nash per i tre cavalieri Gawain, Percival e Tristan. Quelli erano le stars del liceo mentre Nash era fisso nella squadra dei Nerd.

Lui non se ne rendeva conto, ma negli anni si era fatto davvero bello e interessante. Leilia preferiva di gran lunga i suoi capelli biondi e i pallidi occhi azzurri che rivelavano intelligenza.

Nash era un genio: aveva sviluppato un software all’avanguardia che lo aveva reso ricco. Avrebbe potuto permettersi palazzi e ville, e invece preferiva quel minuscolo monolocale nel retro di Serendipity Lane, di proprietà di sua cugina.

“Cosa desideri nella vita? A parte l’enoteca e il vigneto? “ sussurrò lui. Allungò una mano a scostarle dall’orecchio i folti riccioli biondi. Leilia si era lasciato crescere i capelli e li aveva lunghi, ormai.

“Nessuno sa mai cosa vuole davvero – rispose lei – Chiaramente, sono contenta dell’enoteca e del vigneto.”

“Sì…ma dicevo, qualcos’altro…” insistette lui.

“Intendi l’amore e una famiglia? Magari una bella villetta in campagna con un cortiletto per il cane? – rispose Leilia, amaramente – Forse, se troverò la persona giusta.”

A queste parole Nash chiuse gli occhi, come se qualcuno lo avesse colpito in faccia.

“Certo, la persona giusta…Ora lasciami in pace, ho bisogno di dormire…” mormorò.

Leilia annuì. Già era sorpresa della quantità di whiskey che Nash aveva bevuto e del fatto che riuscisse a tenere ancora gli occhi aperti, senza essere andato in coma!

“Ottima idea! – esclamò – Aspetta, che ti aiuto a metterti sul letto.”

“Ce la faccio!” protestò Nash. Cercò di mettersi in piedi, ma subito crollò di nuovo sul divano. “Beh, forse, se mi dai una mano…” mormorò.

Leilia ridacchiò e poi gli allungò una mano per aiutarlo ad alzarsi. “Dai, andiamo, ragazzone!” sussurrò. Nash accettò di buon grado l’aiuto di Leilia. Le mise le braccia intorno alle spalle e si lasciò guidare nella stanza da letto; per fortuna l’appartamento era minuscolo! Più che sedersi, crollò affranto sul suo letto.

“Dai, togliamoci questo maglione puzzolente!” rise Leilia, aiutandolo a svestirsi.

“Mi stai spogliando per poter approfittare di me? “ biascicò Nash.

“Non dire sciocchezze!” mormorò Leilia, arrossendo. Nash era davvero un bel ragazzo, con quel petto muscoloso! Fisicamente le era sempre piaciuto, ma non aveva mai osato dirglielo.

“Comunque… se vuoi, io ci sto – scherzò Nash, lasciandosi sbottonare la camicia – Sarebbe una bella novità…” e si accasciò sul letto, con gli occhi chiusi.

Leilia gli tolse le scarpe e poi gli sollevò le gambe sul letto, in modo da farlo stare più comodo. Lo coprì con una coperta e fece per andarsene, quando Nash aprì gli occhi e la chiamò. “Non andartene…Resta con me…” la pregò.

Lei si chinò per guardarlo in faccia e quello che lesse nei suoi occhi non le piacque affatto; c’era un velo di tristezza che non gli aveva mai visto. E la stava supplicando. “Ok, resto con te finché non ti addormenti.” promise.

“Di più non potrei chiedere…” farfugliò Nash, chiudendo di nuovo gli occhi.

Leilia si stese sul letto accanto a lui e gli appoggiò la testa sul petto. Non sapeva perché, ma le sembrava la cosa più giusta da fare. Non era la prima volta che se ne stavano così sul letto, ma quella volta tutto l’insieme le parve più…intimo.

Lui la strinse forte a sé e le sussurrò: “Ti amo. Ti ho sempre amato.” E posò le labbra su quelle di lei in un bacio casto.

Il cuore di Leilia si fermò. Di sicuro, Nash non intendeva platonicamente. Era lui l’uomo della sua vita? Perché, se lo era, allora qualcosa di magico l’avrebbe legata a Nash, qualcosa che veniva dalla città e dal destino.

Forse, il momento era arrivato.




CAPITOLO QUINTO


I raggi del sole dalla finestra penetrarono nella stanza, e si posarono sul volto di Nash che dormiva. Lui sussultò nel sonno, come se si sentisse bruciare, e lui aprì gli occhi. Si sentiva come se la testa gli pesasse una tonnellata, e un batterista impazzito gli martellasse nelle tempie. Si pentì di essersi ubriacato, la sera prima. Cercò di voltarsi, ma qualcosa di morbido al suo fianco glielo impediva. Aveva paura di vedere di cosa si trattava, e magari scoprire di avere qualcos’altro di cui pentirsi.

“Lo so che sei sveglio – sussurrò Leilia, con la voce roca per il sonno – Il tuo respiro è cambiato.”

Ma…che diavolo ci faceva Leilia a letto con lui? Che cosa aveva combinato, la sera prima? Non riusciva a ricordare nulla, se non che si stava scolando la bottiglia di whiskey mentre guardava alla tv il culo sodo di Gawain.

“Non voglio svegliarmi…” mugolò, con la voce ancora impastata dalla sbornia.

“Questo è ciò che accade quando si alza il gomito…” ridacchiò Leilia.

Sentiva dolore in ogni fibra del suo corpo, eppure la risata di Lilia era musica per le sue orecchie. In qualche modo, riuscì a tirarlo su.

“Avrei dovuto pensarci prima di scolarmi quella bottiglia di whiskey – mormorò Nash, tristemente – Ora devo pagare lo scotto della mia stupidità.” Cercò di stiracchiarsi. “Ho bisogno di un caffè.” disse.

Continuava a non voler alzarsi. Sentire Leilia rannicchiata accanto a lui era il Paradiso e l’Inferno assieme. Qualunque stupidaggine avesse fatto per meritarsela lì, accanto a lui, era pronto a rifarla. Di solito, la fortuna non era mai dalla sua parte, con Leilia. Beh, non esattamente: aveva la fortuna di averla come amica. Anche se desiderava qualcosa di più.

“Ne farò una tazza per tutti e due – disse Leilia, alzandosi – Tu resta qui e ripostati.” Ma Nash la trattenne: voleva godersela vicina ancora un po’.

“Non andartene… – mugolò – si sta così bene, qui…”

Lei non si ribellГІ al suo gesto, anzi lasciГІ fare, come se stare a letto insieme fosse la cosa piГ№ normale del mondo. Nash si girГІ a guardarla, e intravvide nei suoi nei suoi occhi blu cobalto qualcosa di indecifrabile.

“C’è qualcosa che dovrei sapere?” le chiese. Lei era ancora vestita con la sua gonna e il topo, ma lui era a petto nudo. In quelle condizioni, più che baciarsi e toccarsi non sarebbe stato possibile. Dentro di sé sperò che non fosse accaduto neanche questo, tra loro. Se mai un giorno si fossero baciati, avrebbe voluto essere abbastanza sveglio da ricordarlo.

“Cioè?” chiese Leilia.

“Nel senso…se è successo qualcosa tra noi, ieri sera…” mugolò. Trattenne il respiro, in attesa della risposta di Leilia. Pregò di non essere stato tanto idiota ma, poiché non ricordava nulla, si preparò a fare ammenda.

“Vuoi dire…oltre alla tua ubriacatura? – chiese Leilia – Niente, anche se….”

Si morse il labbro nervosamente, ma non aggiunse altro.

“Allora…famolo strano…” scherzò lui, lasciando scivolare le dita sui capelli bruni di lei. Erano così morbidi al tatto che in genere si accontentava di poterla accarezzare solo in quel modo. D’un tratto Leilia inclinò la testa da un lato e la fissò. “Ma tu mi ami, Nash?” chiese.

A quella domanda, lui si sentì un tuffo al cuore. “Certo che ti amo, sei la mia migliore amica!” sussurrò.

“Lo sai cosa intendo. Se provi qualcosa di più, di un’amicizia.” insistette lei.

Nash tremò. Era proprio la domanda che temeva. Non capiva perché dichiararle il suo amore gli faceva tanta paura. La sera prima era stato sul punto di farlo, ma ora, alle luci fredde della mattina, gli sembrava quasi impossibile. E se lei si fosse arrabbiata e gli avesse detto che non potevano essere più amici? Ma doveva rischiare. Se avesse ottenuto una risposta positiva avrebbe toccato il cielo con un dito, altrimenti…Ma non poteva perdere l’unica persona al mondo che avesse mai amato.

“Sì che ti amo, Leilia, ti ho sempre amata! Non c’è mai stata nessuna nel mio cuore, tranne te!” quasi singhiozzò.

Lei si aprì in un dolce sorriso. “Finalmente! Erano secoli che aspettavo che me lo dicessi! Stavo iniziando a perdere le speranze!” Gli sfiorò la guancia con la mano. “Ma non ero sicura che potessi amarmi.”

Non amarla? E come avrebbe potuto? Ai suoi occhi Leilia era semplicemente perfetta!

“Oh Dio, Leilia, sono stato proprio uno stupido! Avremmo potuto stare insieme da tanto tempo, e invece avevo paura di dirtelo! Temevo di perderti!” esclamò Nash, con passione.

“Non mi perderai mai, Nash. E ora che aspetti? Baciami!” gli sussurrò Leilia.

Lui non se lo fece ripetere due volte. Premette con foga le sue labbra su quelle di lei…e allora fu meraviglioso come aveva sempre sognato, come aveva sempre desiderato! Anzi, molto meglio di quanto avesse mai osato sperare!




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